Lucca in guerra: le donne in guerra tra onore e sacrificio

Venerdì 30 novembre alle ore 17 presso il Palazzo delle Esposizioni (Fondazione Banca del Monte di Lucca) con la collaborazione dell’Associazione Toscana Volontari della libertà (ATVL) in piazza San Martino è stato presentato il saggio di Simonetta Simonetti “Onore e sacrificio. Lucca, le donne, la Guerra del ’15-’18. La vita giorno per giorno”. L’autrice, Oriano Landucci, presidente della Fondazione BML, Ilaria Vietina, assessore al Comune di Lucca e Andrea Giannasi.
Quando la guerra sembrava non finire più, quando l’assenza degli uomini di casa era ormai solo un doloroso ricordo e la difficoltà di trovare qualcosa da mettere sulla tavola diventava una sfida quotidiana e quando ormai le donne si erano più o meno adeguate allo stravolgimento dei ruoli sociali e familiari imposti dai tempi, lo Stato richiese loro ancora sacrificio, resistenza, comprensione.
A Lucca come in tutto il paese nacquero il Comitato Femminile Pro Patria, il Comitato di Azione Civile Lucchese, il Fascio Femminile e le donne si fecero crocerossine o allestirono laboratori per cucire uniformi o confezionare scaldarancio da consegnare ai soldati al fronte. Ma la divisione fu netta tra la nobiltà e l’alta borghesia che, elevata in una posizione dominante, organizzava raccolte e riunioni, mentre dall’altra parte le operaie e le contadine lottavano contro i rincari del prezzo del pane e con la penuria di prodotti alimentari.
Anche nelle città lontano dal fronte si combattevano guerre, ma non per conquistare le patrie terre irredenti, bensì diritti. Le donne si trovarono asse della bilancia perché in assenza degli uomini richiamati “lassù”, furono loro ad entrare in fabbrica ed assumersi nuove responsabilità. Uscire di casa per iniziare un nuovo cammino di emancipazione che terminò solo alla fine del Secondo conflitto mondiale.
Le donne italiane furono al centro di una continua e pressante propaganda e dopo i figli a loro venne chiesto di donare anche i pochi beni – per chi era povero, ovvero la stragrande maggioranza – che rappresentavano l’ultima risorsa per sopravvivere.
Questo è uno dei tanti bandi patriottici che richiamava all’ordine proprie loro che a casa resistevano proprio come i mariti o i figli al fronte: «Donne d’Italia! La Madre immortale che è la patria, ieri vi chiese i figli, oggi vi domanda l’oro, i figli belli, operosi, gagliardi, per combattere il nemico duro della stirpe, l’oro per forgiare le armi a difesa dei figli ad offesa dello straniero. Donne d’Italia, aiutate i Reggimenti a vincere. Con l’oro è tessuta la lana, battuto il ferro, temprato il buon metallo dei cannoni. Date a piene mani, senza rimpianto, l’oro delle eredità care e dei doni di ricordanza. I doni di ricordanza migliore saranno le parole scritte dai figli sopra un campo di battaglia, in una giornata di vittoria. Negli scrigni delle oreficerie custodite le lettere che vengono dal campo, le medaglie che il valore conquistò. Donne d’Italia date ali d’oro alla Vittoria.
Per la Patria in pericolo, pel dolore che c’incombe, per la memoria di tanti martiri nostri, sacrifichiamo tutto quello che è umanamente possibile sacrificare! E prima di tutto sacrifichiamo il lusso, gli svaghi, le inutili spese, gli abiti sfarzosi, i cappelli di alta moda, le calzature costose. Che importa tutto ciò? La moda oggi non esiste, non deve esistere; che ognuna di noi sacrifichi la sua ambizione, la sua vanità, la sua suscettibilità. Tutte, e specialmente quelle largamente provviste di ricchezze, devono per prime, dar esempio di sacrificio e di modestia. Non un centesimo spendere per i vostri abiti, per i vostri acconciamenti; pensate che tanti lutti, tante lacrime e tante angosce sono intorno a noi! Pensate che tante madri dolenti ci guarderanno con orrore se, nella nostra persona, ritroveranno ancora la leggerezza e la vanità di un tempo».

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