Nella notte di lunedì 31 ottobre 2016, è mancata Tina Anselmi, figura di spicco della Repubblica, prima donna a ricoprire la carica di ministro e presidente della commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2. Il suo impegno politico e la sua coscienza civile hanno però origine nelle vicende legate alla Resistenza, alle formazioni autonome ed al Monte Grappa.
Nel 1944, Tina, al centro nella foto, è una giovane studentessa dell’Istituto Magistrale “Sacro Cuore” di Bassano del Grappa, diretto da don Ferdinando dal Maso; quest’ultimo, era anche insegnante di francese e curato al duomo della città: le sue omelie domenicali e le sue esplicite prese di posizione contro il regime erano sempre molto seguite.
Dopo l’8 settembre, Lino, studente di medicina, teneva i contatti con altri amici antifascisti, con i quali scambiava notizie e giornali clandestini; nell’estate 1944 era andato in Grappa con i partigiani, a combattere contro i nazisti ed i fascisti in nome della libertà e della democrazia.
Nei giorni del terribile rastrellamento del Grappa, iniziato il 21 settembre 1944, le soverchianti forze nazifasciste ebbero rapidamente la meglio sulle sparute, disorganizzate e male armate formazioni partigiane. Lino Camonico, che aveva cercato di evitare il rastrellamento fuggendo verso il Bellunese, venne presto fatto prigioniero e fu condotto ad Arten, una frazione di Fonzaso, per essere sottoposto ad un “processo”. “Non appena insediato – raccontano le cronache -, il tribunale di guerra ordinò al parroco del paese, don Luigi Spadaretto, di riunire in piazza tutta la popolazione. Uno degli arrestati fu immediatamente impiccato al cancello di casa Zampieri. La lunga fila degli uomini arrestati sul Grappa fu costretta a sfilare davanti al cadavere, a “titolo di esempio ed ammonimento”. Successivamente il tribunale si trasferì nei locali dell’osteria di Marcellina Cesiotto, dove ebbero luogo gli interrogatori, che si svolsero tutti con orrende sevizie. Il “processo” si concluse con la condanna a morte di sei persone. Don Spadaretto riferì che gli venne impedito di somministrare i conforti religiosi ai condannati”.
Era il 25 settembre e Lino Camonico era tra loro.
Il giorno successivo, il 26 settembre 1944, quattordici giovani furono fucilati nel cortile a sud della caserma Reatto ed altri trentuno furono impiccati a Bassano del Grappa e lasciati appesi agli alberi di Viale Venezia, Via Brigata Basilicata e Via XX settembre, oggi Viale dei Martiri.
La mattina dopo, tutti gli alunni delle scuole bassanesi furono obbligati a vedere il barbaro epilogo del rastrellamento, che avrebbe dovuto servire da monito a tutta la popolazione e stroncare per sempre ogni forma di Resistenza.
Quella mattina, Francesca, la sorella di Lino Camonico, aveva già confidato a Tina Anselmi della terribile sorte del fratello Lino: tornate in classe, ci fu un’aspra discussione, fino ad accapigliarsi, con una loro compagna, appartenente ad una famiglia bene di Bassano, che aveva ripetuto le frasi “Se la sono cercata” e “La loro fine è stata una cosa giusta”.
Come più volte ebbe a raccontare, da quella terribile vicenda Tina Anselmi imparò che bisognava andare oltre l’indignazione temporanea o la comoda attesa: “Capii allora che per cambiare il mondo bisognava esserci”. Con il nome di battaglia di «Gabriella», diventò staffetta della brigata Cesare Battisti, che operava nella zona di Castelfranco Veneto con un’impronta autonoma e tendenzialmente cattolica; la comandava Gino Sartor, che aveva dato vita alle prime formazioni di pianura e, nel dopoguerra, divenne deputato e più volte sindaco di Castelfranco. Quanto a Tina Anselmi, passò in seguito al Comando Regionale Veneto del Corpo Volontari della Libertà e, nel dicembre del 1944, s’iscrisse alla Democrazia Cristiana, partecipando attivamente alla vita del partito. È l’inizio della sua lunga carriera politica.