Messaggio del Presidente FIVL per il XXV Aprile

Care amiche e cari amici,

s’avvicina a grandi passi il 25 Aprile, 79° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Una data che ci ricorda ogni anno il fondamento vero e il motore ideale del nostro stare insieme.

Il 25 Aprile è, per prima cosa, una festa: rievoca la gioia di quelle donne e di quegli uomini che, grazie all’impegno e al sacrificio dei partigiani, recuperavano, dopo vent’anni di dittatura, dopo le guerre coloniali fasciste di aggressione e dopo l’immane conflitto mondiale, la libertà e la dignità, calpestate da un regime violento e tirannico che negava i diritti fondamentali della persona e della società.

È anche memoria della liberazione: liberazione dalla guerra, dall’occupazione tedesca, dalla dittatura fascista, dalla fame, dalla persecuzione, dalla paura, dalla tortura, dalla morte.

Come sempre accade per gli appuntamenti importanti, il 25 Aprile impone una riflessione sull’oggi: come viviamo, da cittadine e cittadini di una Repubblica democratica, affacciata su uno scacchiere internazionale così drammaticamente convulso e contraddittorio, l’eredità di quel sacrificio? Come può il ricordo di quell’esperienza drammatica e gloriosa aiutarci a interpretare le tragedie dell’oggi? Quali risposte ci suggerisce, quali vie ci indica? Sono interrogativi complessi, che suscitano risposte spesso contrastanti e punti di vista che, pur muovendo da fatti storici conosciuti e ricordi condivisi, conducono talora ad analisi divergenti, se non contrapposte.

Proviamo a chiederci, amiche e amici, perché quest’anno andremo in piazza a festeggiare il 25 Aprile. Chiediamolo alla nostra storia di appartenenti ad Associazioni partigiane, di familiari dei partigiani, di sostenitori dei valori per i quali i partigiani hanno lottato, permettendo – a prezzo delle loro vite – che quegli ideali diventassero i pilastri della Costituzione repubblicana.

Non credo faremmo un buon servizio alla Storia e alla Memoria della Resistenza se andassimo in piazza solo per autoproclamarci difensori o protettori di una peculiare tradizione, quasi fossimo dei sacerdoti laici o delle vestali della memoria. Se, infatti, abbiamo titolo per ritenerci continuatori delle esperienze originate dalla lotta di liberazione, sappiamo anche che tale continuità ci impone di conformare i nostri comportamenti alla piena coerenza morale e materiale con gli ideali, gli obiettivi e gli strumenti di partecipazione che quelle esperienze hanno contribuito a costruire.

Festeggiare il 25 Aprile è certamente un dovere civile, ma anche un ‘piacere’ civile, perché la Liberazione ha riguardato tutti e tutti ne hanno beneficiato, anche chi si era schierato dalla parte degli oppressori; persino chi, ancor oggi, dichiara di non riconoscersi in questa festa deve ammettere che è proprio il risultato della Liberazione a consentirgli di esprimere liberamente questo dissenso.

Da quasi ottant’anni celebriamo questo giorno fieri e contenti di questa nostra Libertà. Oggi, di fronte a scenari internazionali di tregenda, che vedono innescarsi e riaccendersi conflitti, che interrogano le coscienze di ciascuno sul significato di due concetti che da tempo tenevamo sullo sfondo, lontani dal nostro immaginario quotidiano – la paura della guerra e il desiderio della pace – ci attende una nuova sfida: quella della liberazione degli spiriti dalla tentazione dello scontro continuo.

La nostra società sta precipitando in una conflittualità permanente, figlia della paura di non sapersi più riconoscere in valori unitariamente condivisi. Abbiamo perso il senso di appartenenza a qualcosa di grande e davvero ‘di tutti’. Per recuperare quel sentimento, non servono scorciatoie identitarie né tentazioni autoritarie, che sono sempre mosse da sentimenti di rivalsa e di contrapposizione. Dobbiamo, piuttosto, riscoprire «il disarmo degli spiriti», come lo chiamava Laura Bianchini, partigiana e madre costituente, sulle pagine del giornale clandestino «il ribelle»; dobbiamo smettere di avvelenarci con l’odio, la violenza, la contrapposizione ideologica, la prevaricazione dell’interesse particolare e del privilegio, per riscoprire il piacere di essere una Patria, un Popolo e una Nazione secondo gli intendimenti originari sanciti nella Costituzione. È solo così, credo, che si possa ‘fare festa’ per la Liberazione.

Il disarmo degli spiriti passa anche attraverso la rinuncia a ogni strumentalizzazione della storia della Resistenza: rinuncia, in prima istanza, a sminuirne l’importanza, ma anche rifiuto di trasformarla in uno strumento di lotta politica contingente. Il disarmo degli spiriti si costruisce invece con la conoscenza e lo studio dei fatti che hanno costruito la storia della Resistenza attraverso molte esperienze plurali, alle quali hanno preso parte donne e uomini con convinzioni diverse, con storie personali spesso molto lontane tra loro, che di fronte agli stessi interrogativi che interpellano ancora noi oggi hanno scelto di mettere da parte ciò che li divideva per provare a raggiungere un obiettivo alto, concreto, comune e condiviso: restituire all’Italia la piena Libertà. Quelle donne e quegli uomini avevano capito che la libertà, per essere davvero tale (senza rischiare di sostituire all’egoismo nazifascista un nuovo e più subdolo egoismo individualista), andava coniugata con la giustizia, con l’uguaglianza morale e materiale, con il rispetto dei diritti fondamentali della persona e della società, con un’organizzazione solidale ed equilibrata dei poteri, in una prospettiva di pace internazionale.

In questi settantanove anni molto si è fatto, ma non tutto è stato pienamente realizzato.

Ciò che il 25 Aprile portiamo vivo in noi non è solo il sacrificio del sangue dei partigiani uccisi, degli antifascisti torturati, dei soldati internati, dei deportati politici, dei milioni di esseri umani classificati inferiori e sterminati nei lager, di tutti coloro che hanno donato la loro vita e il loro impegno perché noi potessimo essere liberi: è anche il progetto di un’Italia viva e vitale, democratica, solidale, accogliente, pacifica e pacificata… e per questo davvero libera.

Un sogno di quelle donne e quegli uomini, che spetta a noi, oggi, realizzare.

Buon 25 Aprile.

Roberto Tagliani, Presidente FIVL

 

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