Editoriale del presidente nazionale FIVL sul “Giornale di Brescia”, 25 aprile 2024

Pubblichiamo l’editoriale del presidente FIVL Tagliani pubblicato sul “Giornale di Brescia” in occasione del 25 aprile.

IL “DISARMO DEGLI SPIRITI” PER ONORARE IL 25 APRILE

Settantanove anni fa, i partigiani di diverse appartenenze politiche e ideali, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), proclamarono l’insurrezione generale e liberarono le città del Nord Italia (tra le altre, Genova, Torino, Milano, Brescia); accolsero le truppe angloamericane che da quasi due anni risalivano combattendo la Penisola e contribuirono in modo determinante alla fine della Seconda guerra mondiale, producendo la resa incondizionata dei nazisti invasori e dei fascisti della Repubblica sociale. Sono questi i fatti storici che celebriamo il 25 Aprile, ed è per questo che questa data è una festa. Una festa che rinnova la gioia per la liberazione dalla guerra, dall’occupazione nazista, dalla dittatura fascista, dalla fame, dalla persecuzione, dalla paura, dalla tortura, dalla morte.

Una data che segna in maniera incancellabile la storia del nostro Paese, e che – come sempre accade per gli appuntamenti importanti – ci spinge a ragionare sull’oggi. Come incarniamo, al volgere del primo quarto del nuovo secolo, l’eredità di quel sacrificio? Quale senso diamo al nostro scendere in piazza il 25Aprile?

Faremmo un torto ai centomila morti della Resistenza se ci andassimo soltanto per consuetudine o per dovere civile. Perché il 25 Aprile incarna anche un piacere, allo stesso tempo morale e civile: quello di essere grati. Essere grati per l’ottenimento della libertà, che non è caduta dal cielo, improvvisa e inattesa, ma che è stata riconquistata con l’impegno profuso nella lotta per la liberazione. Una libertà di tutti e per tutti, anche per chi era schierato dalla parte dei carnefici. Una libertà di cui gode anche chi, ancora oggi, dichiara di non riconoscersi nei valori che questa festa ci ricorda.

Da settantanove arini celebriamo il 25 Aprile, fieri e contenti della ritrovata libertà. Nessun opportunismo politico contingente è in grado di poter negare, sminuire, mettere in discussione il valore di questo giorno.

Eppure, di fronte ai tragici scenari internazionali che innescano e riaccendono conflitti sanguinosi, che interpellano le coscienze, che riaccendono ancora una volta la paura della guerra e il desiderio della pace, ci attende oggi una sfida ulteriore: quella della liberazione degli spiriti dalle dinamiche dello scontro continuo.

La nostra società sta precipitando in una conflittualità permanente, incapace di riconoscersi in valori condivisi. Abbiamo perso il senso di appartenenza a qualcosa di grande e davvero «di tutti». Per recuperare quel sentimento, non servono scorciatoie identitarie, né tentazioni autoritarie, né distinguo capziosi che sanno di rivalsa e di meschinità.

Dobbiamo, piuttosto, perseguire «il disarmo degli spiriti», che Laura Bianchini auspicava dalle colonne de «il ribelle» già nel luglio del 1944; dobbiamo smettere di avvelenarci con l’odio, la violenza, la contrapposizione ideologica, la prevaricazione dell’interesse particolare e del privilegio, per riscoprire il piacere di essere una Patria, un Popolo e una Nazione secondo gli intendimenti originari sanciti nella Costituzione.

Un disarmo che passa attraverso la rinuncia a ogni strumentalizzazione della Resistenza: sia di chi mira a sminuirne l’importanza, sia di chi prova a trasformarla in uno strumento di lotta politica. La lezione migliore che il 25 Aprile può dare all’Italia di oggi è la riscoperta del dialogo. Lo studio della storia della Resistenza ci mostra un fenomeno ampio, complesso e plurale, al quale hanno preso parte donne e uomini con convinzioni diverse, con storie personali spesso lontane tra loro ma che, di fronte agli stessi interrogativi che interpellano anche noi oggi, hanno scelto di mettere da parte ciò che li divideva per provare a raggiungere un obiettivo alto, concreto, comune e condiviso: restituire all’Italia la piena libertà. Quelle donne e quegli uomini avevano capito che la libertà, per essere tale senza rischiare di sostituire all’egoismo nazifascista un nuovo e più subdolo egoismo individualista, andava coniugata con la giustizia, con l’uguaglianza sul piano morale e materiale, con il rispetto dei diritti fondamentali della persona e della società, con un’organizzazione solidale ed equilibrata dei poteri, in una prospettiva di pace internazionale. In questi settantanove anni si è fatto molto, ma non tutto è stato pienamente realizzato.

Ciò che portiamo vivo in noi e celebriamo nelle nostre piazze il 25 Aprile non è solo il sacrificio del sangue dei partigiani uccisi, degli antifascisti torturati, dei soldati internati, dei deportati politici, dei milioni di esseri umani classificati inferiori e sterminati nei lager, di quanti hanno donato la loro vita e il loro impegno perché noi potessimo essere liberi: è anche il progetto di un’Italia viva e vitale, democratica, solidale, accogliente, pacifica e pacificata… e per questo davvero libera.

Un sogno di quelle donne e quegli uomini, che spetta a noi, oggi, realizzare.

 

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